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lunedì 24 dicembre 2012

Benvenuti nel Limbo... (recensione del videogame indie "Limbo")

24.12.12
La cover di LIMBO (Playdead)
In via sperimentale, lancio oggi un nuovo spazio del blog: le recensioni di videogames.
In questa rubrica, che non sarà un appuntamento fisso, troveranno spazio solo quei giochi indipendenti che per qualche motivo mi hanno colpito e che mi sento di consigliare.
Niente Assassin's Creed o Halo quindi (d'altronde ricevono già fin troppa attenzione), ma piccole gemme indie che con idee semplici e geniali al tempo stesso, riescono a donarci ore di divertimento.

Inizio oggi parlandovi di Limbo, un gioco prodotto dalla danese Playdead e che fa del minimalismo la sua ragion d'essere: il look bianco e nero e un utilizzo centellinato degli effetti sonori rendono l'atmosfera del gioco misteriosa ed inquietante. Anche i comandi sono ridotti all'osso (sorte che, come avrete modo di vedere, tocca anche al protagonista in svariate occasioni).
La trama può essere ridotta ad un'unica frase: un ragazzo si avventura nel Limbo in cerca della sorella scomparsa...

Vi lascio alla videorecensione (sia con commento che senza, per apprezzare meglio il mood del gioco) e vi invito a scrivermi per ogni genere di info o per commenti e consigli per le prossime recensioni.

Recensione con commento

Recensione senza commento


venerdì 21 dicembre 2012

La fine del mondo (come lo conosciamo)

21.12.12
Eccoci alle prese con l'ennesima fine del mondo... ormai non si tiene più il conto dico bene?
E per quanto uno possa credere o meno a questo genere di cose (io ad esempio ho ben scolpita da anni nella mia mente la data del 21 dicembre 2012, fondamentalmente perché è il giorno dopo la scadenza della mia carta d'identità, nonché quello fissato dagli alieni in X-Files per l'invasione della Terra) é naturale prendere spunto da questo "non-evento" per riflettere su ciò che ci piacerebbe veder cambiare da domani. La fine del mondo per come lo conosciamo, potrebbe in fondo non essere altro che l'inizio di qualcosa di nuovo e migliore.
Gli idealisti immaginerebbero un mondo senza fame, povertà e guerre; altri, alle prese con gli stenti della crisi, vorrebbero una ripresa immediata e più lavoro per tutti; gli immancabili scansafatiche penserebbero "Al diavolo il lavoro! Che i soldi piovano dal cielo!".
Poi arriverebbero le ambizioni personali: un nuovo giorno per realizzare i propri sogni, per raggiungere il successo, per dichiararsi alla persona che si ama, per...
...rimandare a domani ciò che si potrebbe fare oggi. É sempre così: la lista dei buoni propositi per l'anno nuovo, la dieta che può sempre iniziare il giorno dopo, i sogni chiusi nel cassetto perché tanto non si realizzeranno mai. Inutile lamentarsi di quanto le cose vadano male se poi non si fa niente perché migliorino. Gandhi disse "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo" e le sue parole non hanno bisogno di essere contestualizzate per afferrarne il significato. Un messaggio applicabile alla vita in tutte le sue sfaccettature, dai grandi problemi sociali alle piccole battaglie personali, perché tutto parte sempre da una ferma volontà: quella di cambiare.
E allora che questa sia veramente l'occasione per l'inizio di qualcosa di nuovo.
Buona fine del mondo a tutti!

lunedì 10 dicembre 2012

Ho perso il filo del discorso...

10.12.12

E' successo gradualmente? O è avvenuto tutto in un attimo? Non saprei dirlo, ma adesso ci sono dentro fino in fondo. Non scrivo seriamente da mesi: metto a fatica due parole in fila indiana, ma sono macigni troppo pesanti e demordo dopo pochi tentativi. Ricordo che c'era un disegno, un grande e sfavillante progetto, ma non so se siano i tasselli a mancare o la voglia di trovare il giusto incastro. Non riesco a trovare una lettura che mi appassioni. Non so se il problema dipenda da una serie di infauste scelte dagli scaffali o se piuttosto non siano i miei occhi a filtrare inopportunamente ciò che leggo e più in generale le grigie e monotone giornate alle quali si è ridotta la mia esistenza. Dopo quasi cinque anni ho perso il lavoro, se così si può dire. Anniento la mia volontà nelle sfavillanti e illusorie promesse dettate dal monitor di un computer. Ho attraversato il cancello ed abbandonato ogni speranza. E' successo gradualmente? O è avvenuto tutto in un attimo? Non saprei dirlo, ma adesso ci sono dentro fino in fondo.
M.B.

lunedì 22 ottobre 2012

Love the bomb

22.10.12
Sono il futuro. Sono la civiltà.
Sono la rinascita dopo la morte.
Abbraccia il cambiamento: credi in me.
Credi in un radioso e lucente avvenire.
Accoglimi nel tuo cuore ed io sarò la tua salvezza.
Spargo fede e democrazia con piombo e fuoco.
La tempesta necessaria per l'arrivo di un Nuovo Giorno.

Ama me.
Ama il tuo Dio.
Ama la Bomba.

"Love the Bomb" nasce da una piccola sfida intellettuale tra me e l'autore Omero Crivello: quella di tradurre in parole ciò che provo guardando questa sua opera. E' incredibile constatare quanto l'opera di un artista possa influenzare quella di un altro. Quadri che ispirano poesie, poesie che ispirano canzoni, canzoni che ispirano racconti, racconti che ispirano film, film che ispirano quadri, in un cerchio virtuoso e indissolubile. Se volete vedere altri lavori dell'autore Omero Crivello, cliccate QUI.

mercoledì 22 agosto 2012

Anteprima: Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno

22.8.12

ATTENZIONE: la lettura di questa recensione contiene spoiler sull'intera trama del film ed è scritta con l'intento di stimolare una discussione critica con chi il film lo ha già visto. NON LEGGERE se non si vogliono avere anticipazioni.

Premessa

Arriva finalmente anche sui nostri schermi (nel resto del mondo è uscito il 20 luglio), il lungamente atteso capitolo conclusivo della saga di Batman diretta da Chris Nolan.
Il film si portava dietro un'eredità pesante, quella de "Il Cavaliere Oscuro" che, in parte per il magistrale lavoro di Nolan e Goyer e in parte per la grande performance del compianto Heath Ledger, è entrato di diritto nella storia del cinecomic e del cinema in generale, mostrando al mondo che è possibile fare film di supereroi che siano profondi e attuali.
Come ogni finale che si rispetti, anche questo "Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno" è chiamato a tirare le fila del discorso, riprendendo le trame lasciate in sospeso nei capitoli precedenti (molto difficile, se non impossibile, seguirne la trama come film stand-alone): poco azzeccato in tal senso il titolo originale "The Dark Knight Rises", richiamo esplicito al film precedente (ancora più infelice la scelta italiana, forse atta a riecheggiare "Batman: il Ritorno" di Tim Burton, dove tra l'altro faceva la sua prima comparsa cinematografica la sensuale Catwoman, al tempo interpretata da Michelle Pfeifer), quando col dipanarsi della vicenda diventa sempre più chiaro quanto questo film abbia un legame molto più forte col capostipite della saga "Batman Begins", rispetto che col suo successore.

Le Critiche

Iniziamo subito dicendo che questo "Ritorno" è un film riuscito solo a metà: è chiara l'aspirazione ad elevare l'epicità del racconto al massimo livello, narrando la rinascita di un eroe distrutto nel corpo e nello spirito e portando alle estreme conseguenze il tema del caos e dell'anarchia, filo conduttore dell'intera trilogia. La trama appare però fin troppo strumentale e addomesticata alle esigenze del regista.
Il film finisce pertanto per diventare un'allegoria, a tratti troppo simbolica e caricaturale per poter rispondere a quei criteri di credibilità ai quali Nolan si è affidato per contraddistinguere il suo lavoro dal resto del panorama dei cinecomics.
Intendiamoci: The Dark Knight Rises resta un'esperienza di livello ben più elevato rispetto ai vari "The Amazing Spider-Man" o "Lanterna Verde" (giusto per citarne uno per parte nell'eterna rivalità Marvel-DC Comics), ma il contorto procedere della trama rivela falle inaspettate e talvolta troppo ovvie per poter essere ignorate: può starci che Bane non uccida Batman e che lo rinchiuda in un posto dal quale sembri impossibile evadere (per quanto in realtà una via di fuga esista), mettendogli davanti un televisore dal quale seguire la disfatta e la distruzione di Gotham, ma dovrebbe perlomeno preoccuparsi di averlo definitivamente messo fuori gioco (spezzandogli la schiena, come nel fumetto, ad esempio), invece di lasciarlo in un luogo dove peraltro gli viene data una mano a rimettersi in sesto.
La stessa ubicazione di questa prigione (che sembrerebbe comunque trovarsi in una località esotica) e gli spostamenti da Gotham a lì non sono chiari: dopo aver catturato Bruce Wayne, Bane riesce a trasferirlo nel carcere nel tempo necessario affinché si risvegli e Wayne stesso, dopo essere evaso non sembra avere grosse difficoltà a tornare a Gotham (resta peraltro da capire come sia riuscito a farlo, dato che la maggior parte dei ponti erano stati distrutti e quelli ancora in piedi erano presidiati dalle forze armate).
Appare anche abbastanza comodo che la Wayne Enterprises abbia costruito una fonte di energia che in tre minuti può essere tramutata in una bomba atomica e che al contempo il reparto scienze applicate (peraltro chiuso da anni) abbia sfornato un mezzo volante appena in tempo per permettere al buon Batman di portare la stessa bomba lontano dalla città, in un epilogo, diciamocelo, piuttosto scontato.

Altra pecca è quella di aver disseminato nel corso di film molti indizi piuttosto evidenti di quello che dovrebbe essere il colpo di scena finale, ovvero la vera identità di Miranda Tate, nuovo presidente della Wayne Enterprises che si scoprirà essere niente popo di meno che la figlia del potente Ras Al Ghul. Nell'ordine ci vengono date le seguenti informazioni:
- Bane porta la maschera a causa di un'aggressione subita nel carcere;
- un bambino, molto probabilmente Bane, è l'unica persona che è riuscita a fuggire dal carcere (ma quando ci viene mostrata la scena il bambino non ha una maschera sul viso);
- il bambino fuggito è il figlio di Ras Al Ghul;
- durante la scena di sesso tra Bruce e Miranda notiamo che lei ha una cicatrice a forma di triangolo, segno di appartenenza alla Setta delle Ombre, ma il buon Wayne, sarà per la vecchiaia o perché al momento è in altro impegnato, non nota il particolare;
- ad un certo punto, durante il caos seguito all'insediamento di Bane a Gotham, l'uomo dice ai suoi scagnozzi di portarla da lui.
Anche senza conoscere la storia fumettistica di Batman (Nolan ha più volte dimostrato di seguirla solo quando può tornare utile alla storia che lui vuole narrare), non ci voleva certo molto a fare due più due e ad identificare il misterioso collaboratore di Bane.

Ci sarebbero poi da menzionare scelte discutibili come il fatto che John Blake avesse capito la vera identità di Batman da un semplice sguardo dato all'uomo in orfanotrofio, ma preferisco dedicare le ultime righe di critica all'orrendo doppiaggio italiano del film. Se ormai ci eravamo abituati a Santamaria come Wayne/Batman, la scelta di Filippo Timi per Bane e il suo approccio al personaggio sono intollerabili ed irritanti: negli USA si lamentavano che la pronuncia di Hardy attraverso la maschera fosse poco comprensibile e in italiano parla con un megafono. Consiglio a tutti una visione in lingua originale e alla Warner un ridoppiaggio per l'edizione home video.

I Temi

Finora le critiche, ma come già detto "Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno" rimane un'ottima pellicola ed i pregi sono innumerevoli.
Il film ha vari livelli di lettura: per quanto il film possa a prima vista sembrare politico (con riferimenti alla rivolta sociale e a movimenti come Occupy Wall Street) si tratta principalmente di una storia di amore e redenzione, veri motori scatenanti di tutte le vicende.
Da una parte abbiamo l'amore fraterno tra Bane e Talia, quello filiale e rabbiosamente vendicativo di Talia per il padre Ras e quello falso e manipolatore ancora una volta di Talia per Bruce (Miranda/Talia è inevitabilmente uno dei personaggi centrali, nonostante il poco spazio concessole).
Dall'altra la voglia di cancellare il passato per cominciare una vita nuova: è questa la principale motivazione che spinge nella mischia Selina Kyle, ma torna anche nelle scelte di Bruce Wayne, che al termine del film inscena la sua morte per potersi costruire una vita nuova. Seppur con un'accezione diversa è questo anche l'intento della setta delle Ombre: la purificazione attraverso la distruzione, l'espiazione delle colpe di una società che non può più sussistere.

Abbiamo poi il tema della rinascita, che trova una doppia allegoria nella prigione dalla quale Wayne dovrà evadere: da una parte la scalata dell'alto pozzo, unica via di fuga, è un simbolo della "resurrezione" dell'eroe, che torna a nuova vita, mentre dall'altra, l'analogia con il pozzo di casa Wayne, nel quale Bruce era caduto da piccolo entrando per la prima volta in contatto coi pipistrelli, è un segno di un ritorno alle origini, alle motivazioni che lo avevano portato a diventare Batman.

E' poi interessante andare a rianalizzare l'intera trilogia alla luce di questo capitolo finale: come già detto uno dei temi principali portati avanti da Nolan nei tre film riguarda il comportamento della nostra società di fronte a forze distruttive atte a minarne la stabilità dall'interno.
In Batman Begins entravamo in contatto con un mondo corrotto, nel quale la criminalità era all'ordine del giorno: prima ancora dello Spaventapasseri e di Ras Al Ghul era l'accettazione del degrado morale il vero antagonista contro il quale Batman e Gordon si dovevano battere.
Ne "Il Cavaliere Oscuro" Nolan alza il tiro mostrandoci una Gotham che, tornata a credere nel valore della legalità, si ritrova ad affrontare la quintessenza dell'anarchia: Joker è un uomo folle e senza regole, determinato a distruggere la società dalle fondamenta, minandone i principi di civiltà. E se da una parte si scontra contro una città dal ritrovato onore e che rifiuta di abbrutirsi a costo della vita (emblematica la scena dell'evacuazione della città, quando Joker fa imbottire due traghetti, uno di civili ed uno di prigionieri, di esplosivo, recapitando a ciascuno il detonatore dell'altro e promettendo la libertà a chi farà detonare per prima la bomba), dall'altra va così vicino a raggiungere il suo intento, traviando Harvey Dent, l'uomo della speranza, e trasformandolo nel simbolo della disfatta di Gotham, da costringere Gordon e Batman a raccontare una menzogna per evitare il disastro.
In questo terzo film Gotham è una città finalmente sana e libera dalla criminalità. L'avvento di Bane giunge quindi forte ed inatteso: prima isola la città dal resto del mondo, poi mina la credibilità delle forze dell'ordine, rivelando la verità su Dent e infine da il potere al popolo e si mette apparentemente in disparte, osservando con distacco la civilizzata Gotham avvolgersi su se stessa, in attesa della sua inevitabile fine.

E' interessante notare quanto Joker e Bane, i due villain più rappresentativi della saga, siano diversi uno dall'altro, contrapposti praticamente sotto ogni punto di vista:
- il Joker di Ledger è uno psicotico mingherlino e masochista, facile da piegare in uno scontro, mentre Bane al contrario è un combattente possente e apparentemente imbattibile;
- se per Joker il caos e l'anarchia sono le uniche regole della vita, per Bane sono solo strumenti per giungere ad un fine diverso: la purificazione;
- tanto Joker è impulsivo e spesso reagisce semplicemente agli eventi che lo circondano, tanto Bane è freddo e calcolatore ed ogni sua mossa è attentamente studiata;
- Joker è un uomo solo contro il mondo; Bane raduna un intero esercito di fedeli, così dediti al suo ideale da immolarsi per esso;
- Joker rimane un mistero, un personaggio del quale ci vengono date molteplici versioni del suo passato (tutte inequivocabilmente false) e nessun vero indizio di chi veramente sia, mentre alla fine del film Bane è quasi un libro aperto, un uomo mosso da forti ideali, ma soprattutto da un legame indissolubile.

Le conclusioni

Come al solito Nolan sforna un meccanismo ad orologeria troppo bello per non lasciarsi incantare: il film non ha paura di osare e si prende tempi impensabili per ogni altro cineasta alle prese con questo genere o con i colossal in generale.
I personaggi sono come sempre ben definiti e caratterizzati al punto tale da potersi identificare con ciascuno di loro e comprenderne le intenzioni (alla fine del film non c'è un perché fuori posto: è il come che di tanto in tanto è stato lasciato in sospeso o semplicemente omesso...).
Nolan ci mette ancora più in contatto con personaggi che conosciamo ormai bene, come Alfred e Bruce, il quale rapporto prende una piega inaspettata, ci mostra con Bane e Talia come non sempre il male è generato da altro male e ci regala una Catwoman credibile al punto tale da non avere bisogno del suo "nome da battaglia": è semplicemente Selina Kyle, abile ladra esperta nel raggiro e nel ricatto ed abituata a vivere di espedienti e che d'improvviso si ritrova a fare i conti con una situazione più grande di lei, decidendo, per una volta, di pensare agli altri prima che a se stessa.
Ottimi tutti i nuovi innesti, da Marillion Cotillard a Tom Hardy, da Anne Hathaway a Joseph Gordon-Levitt (tre su quattro già con Nolan in Inception).
Bello anche il finale che però lascia molti più ponti aperti di quanto non fosse previsto: Bruce Wayne inscena la propria morte e scappa in Italia con Selina, Gotham erige un monumento in memoria di Batman e si prepara a compiangerlo, mentre nei sotterranei della villa Wayne, John Blake si prepara a prendene l'eredità. In una delle ultime scene scopriamo che quello che usa non è nemmeno il suo vero nome: in realtà si chiama Robin...

martedì 21 agosto 2012

La forma nascosta

21.8.12
Sono giornate vuote, quelle che vivo ultimamente. Il tempo che non passa veloce quanto vorrei, il Sole che trasforma il mio vuoto cubicolo in un forno crematorio, la testa albergata da mille pensieri.
Tornano paure mai realmente andate via, si palesano sensazioni finora ignorate. Il caldo fa brutti scherzi: non sai se quello che pensi è un parto della tua mente o un vaneggiamento che svanirà col primo freddo.
Conta fino a tre, mi dico. Non pensare! Non parlare! Torna indietro! mi dico. Torna chi eri fino a pochi giorni fa.
Ma non è possibile. La vita è una continua evoluzione. No, mi correggo: non un'evoluzione, ma sicuramente un cambiamento, e poco importa che sia migliorativo o peggiorativo.
Ogni giorno che passa siamo qualcosa di diverso. Ogni ora, ogni minuto il tempo scolpisce il simulacro della nostra anima, cambiandolo impercettibilmente ad ogni passaggio.
E finisci per fissare allo specchio qualcuno che non riconosci, qualcuno che non eri, che non sei o che più probabilmente non accetti di essere diventato.
Mi guardo indietro e mi chiedo se mi identificherei col me stesso di un anno fa. Cinque, dieci anni fa.
Il tempo mi ha cambiato. Il tempo cambia tutti noi, forse più in fretta di quanto siamo in grado di accettare.
Come un falegname che intaglia accuratamente un tronco, o uno scultore che intacca la pietra, mettendone in evidenza sfaccettature inedite e portandone alla luce caratteristiche inattese, ma proprie del materiale in nuce, così il tempo ricava inedite versioni di noi, divertendosi a raffinarci sempre di più, levigando la vera natura del nostro essere.
M.B.

Fine dei sogni

21.8.12

Una mail pubblicitaria mi chiede dove credo di essere tra venti anni.
Non lo so, rispondo tra me e me. Non so nemmeno dove sarò domani...
Non ho idea di cosa ne sarà di me, della mia vita. Non so se avrò ancora un lavoro, se otterrò infine i soldi che mi sono duramente guadagnato. Non c'è niente di sicuro, niente di scontato. Nessuno splendido futuro da intervallo pubblicitario in tv.
Pagheremo un canone per l'aria che respiriamo. Renderemo grazie per gli aumenti dell'IVA e ci daremo fuoco davanti agli altari di una casta politica indifferente e menefreghista.
Non ho idea di dove sarò domani. Avrò i soldi per pagarmi un altro giorno di vita su questa fottuta Terra?
Non ci sono più favole. Non c'è speranza. Ci avete portato via anche il più piccolo dei sogni.
M.B.

giovedì 9 agosto 2012

Il Grande Segreto

9.8.12
a lato "Maschere" dell'artista Omero Crivello. Se volete vedere altri lavori dell'autore del quadro, cliccate QUI.

Ci sono giorni in cui tutto sembra andare storto: la tua vita prosegue incontrollata nella direzione sbagliata come un'imbarcazione mal ormeggiata da un marinaio inesperto, che se ne va trasportata via dalla corrente, scomparendo oltre l'orizzonte. Ti senti inutile, incompleto, incompreso. Qual è il tuo spazio nel mondo? Quale scusa troverai domani per continuare a respirare? Per mascherare la tua angoscia con un sorriso posticcio?
Tutto intorno a te sembra avere senso. Tutti sembrano in pace con se stessi. Qual è il loro segreto? Com'è che ogni essere umano sembra avere una vita più desiderabile della tua?
Qual è il tuo spazio nel mondo? Che sia questa la risposta a tutte le tue domande? Scoprire quale ingranaggio siamo all'interno del meccanismo è la ricetta per la felicità eterna? O forse, al contrario, è la consapevolezza di avere una parte non al pari con le nostre aspettative ad essere la causa della nostra infelicità? Il segreto potrebbe allora essere l'accettazione del proprio ruolo, qualunque esso sia?
E ammesso tutto ciò, come conciliare tutto questo con la propria visione del mondo? Chi è il pittore di questo Grande Disegno? C'è veramente qualcuno a tirare le fila?
Domande poste da millenni, ma mai veramente banali. Tutto è nato dal caso. Questa è la risposta dell'uomo moderno. Accetto tale risposta, ma ci sono notti in cui l'idea di un destino preconfezionato mi assilla.
Ci sono notti in cui l'idea di un destino preconfezionato mi uccide.
M.B.

mercoledì 8 agosto 2012

Comunicazioni telepatiche

8.8.12
Il televisore acceso su un canale qualunque (ormai non fa più una gran differenza) trasmette le immagini di un gruppo di ragazze falsamente interrotte in un reality che di reale ha solo il nome. L'apparecchio emana una luce bluastra nel salotto buio. Guardi il tuo gatto nella penombra che gioca con una palla di plastica: si nasconde, le tende un agguato, la rincorre e salta spaventato se prende improvvisamente una direzione inaspettata. Ti ritrovi a chiederti quanto quel batuffolo di peli sia conscio del mondo che lo circonda: quanto si renda conto dei rapporti di causa e conseguenza, del tempo che passa, della morte che incombe. Ti chiedi se abbia a qualche livello un concetto di vita. Torni a volgere la tua precaria attenzione allo schermo: cambi canale senza nutrire una vera speranza di trovare qualcosa di meglio. Poi avverti una sensazione di calda peluria che si struscia ai tuoi piedi. Il gatto ti osserva con uno sguardo inumano, ma comunque denso, emozionale: la vostra è una comunicazione telepatica. E il concetto di vita può andare allegramente a farsi fottere.
M.B.

martedì 7 agosto 2012

Pensieri sconnessi sul disastro che incombe e sugli scarafaggi che fanno ciao.

7.8.12
Ci sono notti in cui i rumori della natura ti portano risposte inattese. Niente conta davvero: non sei che un punto in un disegno caotico che tende al disastro. Che tu vada a lavoro, che decida di buttarti sotto un treno o da un grattacielo, non ha importanza. La vita andrà avanti comunque: le civiltà si estingueranno, l'evoluzione proseguirà indefessa nel suo tortuoso viaggio di imperfetto miglioramento e gli scarafaggi saranno sempre lì a ridere di noi, ricordando il giorno in cui il figlio dell'uomo si ribellò a lui, annientandolo.

Il frinio delle cicale fuori dalla finestra ti ricorda che la vita non è un insieme di numeri, non è un grafico in inarrestabile discesa. La vita è natura, è aria, acqua e terra, è carne e sesso, è odore e sapore, tatto e udito. Puoi vivere senza uno schermo che ti dica come essere, come vivere, cosa pensare e cosa possedere per essere felice, ma non puoi vivere senza ossigeno con cui riempire i polmoni. E allora ti chiedi il perché di quelle ansie, di quei problemi che ti hanno divorato l'anima. Perché sono lì? Perché lasci che ti posseggano? Perché non lasci semplicemente che volino via come aquiloni senza un proprietario che li tenga legati a se?
Forse perché siamo tanto dipendenti da ciò che ci affligge, quanto lo sono le nostre afflizioni da noi: in un grigio pomeriggio ventoso, l'aquilone senza un bambino non è che una forma di carta legata ad un filo. Per il bambino senza un aquilone, la giornata di vento non è che una fottuta giornata di vento.
Ma in fin dei conti, c'è sempre la Playstation!
M.B.

C'è qualcosa di sbagliato(o Vaffancuore - atto V)

7.8.12

C'è qualcosa di sbagliato. E' un'affermazione inconfutabile, alla luce dei tanti orrori che ogni giorno accadono nel mondo, e come può un essere superiore permettere tutto ciò e bla bla bla.
Non è di questo che sto parlando.

C'è qualcosa di profondamente sbagliato se a persone come te è concesso di esistere e prosperare, vivendo alla grande sulle spalle dello Stato e di poveri coglioni costretti da un sistema tanto corrotto quanto elargitore di falsi miti e necessità a rigare dritto.
Giochi ai dadi con le vite di persone che non conosci ma che dipendono dalle tue decisioni. Numero pari resta in vita, Numero dispari... è stato un piacere. E giù dal ponte.
E bla bla bla.

Una mattina al mare e una famiglia va sul lastrico, una sera sullo yatch e un ragazzo può dire addio ai suoi sogni.
C'è qualcosa di sbagliato se viene concesso a te di amministrare i destini delle persone, come un Dio indifferente, incurante di alcun interesse che non sia il suo.
E bla bla bla.

Queste sono solo alcune righe per ricordarti di andare a FanCuore da parte mia. Con tanti saluti.

M.B.

lunedì 30 luglio 2012

La lotta dell'io nell'era dell'immagine - la mia recensione di "Tarantola" e "La pelle che abito"

30.7.12
***DOPPIA RECENSIONE***
contiene spoiler sulla trama del libro "Tarantola" di Therry Jonquet e del film "La pelle che abito" di Pedro Almodovar

Nota dell'autore: nell'adattamento dal libro al film sono stati cambiati molti nomi. Per convenzione, mi riferirò ai personaggi con i nomi usati nel romanzo.


Siamo come siamo o siamo come appariamo?
Quanto il modo in cui appariamo cambia il modo in cui gli altri si rapportano a noi?
E quanto il modo in cui gli altri ci percepiscono cambia il nostro modo di approcciarci alla realtà, la nostra considerazione di noi stessi e la nostra personalità perfino?
Mai tema è stato più attuale di questo nell'era dell'immagine e dell'apparenza, delle celebrità dal volto paralizzato in una maschera di eterna giovinezza o che al contrario cambiano i propri connotati o il colore della pelle, alla ricerca di un irraggiungibile ideale di perfezione.

Per quanto le opere di Jonquet e Almodovar abbiano una matrice comune (il film "La pelle che abito" è liberamente tratto dal libro "Tarantola"), non si sovrappongono, portando avanti posizioni quasi opposte e pertanto complementari in un dittico noir, perverso ed assurdo che si può amare o odiare, ma che non può lasciare indifferenti.
Richard Lafargue è un famoso e rispettato chirurgo plastico: chi è allora la donna che tiene prigioniera in un attico all'interno della sua proprietà?
Nel libro Jonquet ci racconta di come l'uomo si faccia accompagnare in giro dalla ragazza, Eve, mostrandola orgoglioso, quasi come un trofeo, per poi obbligarla la notte a prostituirsi, prima nei parchi pubblici e più tardi in un appartamento dove clienti sadici abusano di lei mentre il medico osserva con gioia dalla stanza accanto. Di tanto in tanto i due vanno insieme a trovare Vivianne, la figlia di Lafargue, rinchiusa in un ospedale psichiatrico.
Seguiamo poi la storia di Vincent, un ragazzo rapito da un uomo misterioso e tenuto segregato in una cantina, nudo e incatenato. Dopo averlo lasciato a lungo a patire la fame, il carceriere, che Vincent ha preso a chiamare Tarantola, inizia a portargli del cibo: col tempo arrivano anche i vestiti ed i confort, le brevi visite di Tarantola si allungano e Vincent inizia ad abituarsi a quella vita, accettando di diventare un animale da compagnia e cercando l'affetto del proprio padrone. Per compiacerlo accetta le strane attenzioni dell'uomo, non oppone resistenza alle punture sempre più frequenti e agli insoliti cambiamenti che giorno dopo giorno nota nel suo corpo.
E' a questo punto che le due storie si ricongiungono: scopriamo, infatti, che una notte di tanti anni prima Vincent aveva violentato una ragazza e che proprio quell'evento era la causa del rapimento. La ragazza era infatti Vivianne che, rimasta traumatizzata dall'accaduto, vive da allora chiusa in una clinica psichiatrica. Tarantola è Lafargue stesso, che per vendicarsi dell'accaduto, sfruttando le proprie conoscenze mediche, trasforma Vincent in una donna e lo annulla psicologicamente e fisicamente.
Un giorno però tutto cambia: mentre Eve/Vincent subisce l'ennesima violenza da un cliente, Lafargue scopre di non poter sopportare quello che le sta facendo e aggredisce l'uomo, salvandola.
Alla fine del libro Eve accetta di rimanere con Lafargue: le loro anime corrotte sono inscindibilmente unite e malgrado ciò che si sono fatti l'un l'altra o forse proprio a causa di questo, non possono che restare insieme.

Se il libro racconta il progressivo annullamento di Vincent e la sua accettazione del nuovo sé stesso nella forma di Eve, al contrario il film si configura come una riaffermazione dell'Io interiore nei confronti dell'apparenza.
Come già detto, le differenze tra le due opere sono molteplici: nel film Vincent non violenta Vivianne, ma Lafargue lo crede a causa di un malinteso.
Viene inoltre introdotta la storia della moglie suicida di Lafargue, causa prima della pazzia di Vivianne.
Con queste nuove premesse, il personaggio di Banderas, un dottore psicopatico che trasforma il presunto stupratore della figlia in un simulacro della moglie suicida, diviene la sola potenza negativa del film: un essere totalmente dedito all'esteriorità, che si presenta al pubblico annunciando che siamo ciò che appariamo e che il miglior modo di esorcizzare i nostri demoni interiori è correggendo l'aspetto esteriore. Ma proprio questa convinzione finirà per distruggerlo, facendolo innamorare del suo "esperimento" ed accecandolo a tal punto da non fargli notare ciò che la ragazza prova realmente.

E' la vittoria della mente sull'apparenza: Vincent è un uomo che si ritrova ad abitare in una "pelle" non sua; privato della propria virilità, viene visto dal mondo esterno come una bella ragazza ed è proprio sfruttando il suo aspetto che riuscirà infine ad uccidere Lafargue e a tornare a casa.
Il finale, nel quale Vincent torna dalla madre nei nuovi panni di Eve e cerca di convincerla di essere veramente lui, ci mostra comunque l'importanza dell'aspetto esteriore, una barriera che a volte ci impedisce di capire veramente chi abbiamo davanti.


VOTO: 8

venerdì 20 luglio 2012

Una vecchia sfida...

20.7.12

Un ciuffo d'erba sparuto, vigoroso nella sua fragilità, sopravviveva nel campo ormai sterile: il suo verde vivo, imperlato da un'esplosione di gocce di rugiada, contrastava con la desolazione che lo circondava.
Erano appena dieci fili, simili ad una ciocca ribelle e arruffata, all'intreccio di una tela appena iniziata a tessere o di un sudario finito e disfatto, in attesa del ritorno del proprio amato.
Di quando in quando una macchina passava, smuovendo l'aria stantia e il ciuffo d'erba di piegava per un attimo in un cortese inchino.
Mi ritrovai a domandarmi cosa fosse un filo d'erba: un essere vivente? Una cosa? Può, a suo modo, pensare? Può provare emozioni?
Chissà come dev'essere rendersi conto di essere i soli rimasti della propria specie: essere consci della propria caducità e dell'inevitabile incombere del proprio destino fatale. Sarebbe giunto, inaspettato ed improvviso, nella forma di un gatto giocherellone? Una scarpa indifferente? Una spietata macchina falciatrice?
E nonostante tutto resistere, fieri ed eretti contro le intemperie e senza un lamento andare incontro al proprio fato, accettandolo incondizionatamente.
Mi alzai diretto al capanno, deciso a riprendere in mano gli attrezzi del lavoro. Il campo sarebbe fiorito di nuovo: non avevo più dubbi.
Strano pensare come quei dieci deboli fili mi avessero ritemprato l'animo.

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Come dice il titolo del post, stasera mi sono messo alla prova, accettando una vecchia sfida. Un giorno di tanti anni fa, mia madre mi raccontò di come la sua maestra delle medie aveva sgridato la classe per la povertà dei loro scritti: "Non riuscite a scrivere un tema decente, quando io se volessi potrei farne uno su un filo d'erba" aveva detto, o quantomeno queste sono le parole che mi sono state tramandate in una sorta di generazionale gioco del telefono senza fili.
Una sfida che da allora ha aleggiato in qualche modo nella mia mente: scrivere un tema su un filo d'erba. Sarei mai stato in grado di farlo?
Il tentativo di stasera è la prova che... no, ancora non rientra tra le mie facoltà. Prima o poi ci riproverò.
Alla prossima.

Mike

martedì 19 giugno 2012

Vaffancuore: atto IV

19.6.12

Pensieri sparsi di un caldo Giugno passato al verde.

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Il tuo sorriso a trentadue denti nasconde verità che fanno male: una maschera rassicurante per un mostro dall'insaziabile ingordigia. E si, noi intuiamo la tua vera identità, ma preferiamo ignorare gli allarmi dei nostri sensi, piuttosto che accettarne le oscure implicazioni.
E vermi falliformi scorrono sotto le tue gengive. E vene nere iniettano i tuoi occhi demoniaci.
E non c'è niente di vero nelle tue parole. E con entusiasmo accettiamo la morte, offrendoti la nostra anima per un pugno di mosche.
Dove spargo il sangue per la firma?
Sappiamo che vuoi annullarci, ma ti prego, fallo con parole cortesi.

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Un flusso di parole senza capo ne coda. Una marea di concetti astratti. Un disonorevole codice d'onore.
Non sei niente. Un pupazzo spaventato in una discarica.
Non sei niente. Renditene conto ed accetta la tua fine.

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Talvolta è salutare concedersi una caduta di stile...

Tu vuoi essere un capo
vuoi essere un vincente
ma caghi fuor dal vaso
sarai sempre un perdente.

Tu sei un politicante
ti lordi del tuo niente
ti credi un gran mercante
ma sei solo un demente.

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domenica 10 giugno 2012

"Il Decalogo" vince il primo premio al Creativart3 2012

10.6.12

Nella serata di sabato 9 giugno si è tenuta la premiazione del concorso Creativart3 2012 sezione Narrativa: l'iniziativa, giunta alla seconda edizione, è promossa da "I Piloti del Caos", gruppo che si occupa delle politiche giovanili nel comune di Pistoia.
Il mio racconto "Il Decalogo" si è classificato al primo posto: come premio, oltre alla targa celebrativa e a un graditissimo buono per l'acquisto di libri presso la locale libreria Fahrenheit 451, verrà presto pubblicato un volume in formato ebook, contenente i primi cinque racconti classificati (darò maggiori info a riguardo appena possibile).
Colgo l'occasione per ringraziare i Piloti, sia per l'opportunità concessa a tutti i giovani artisti di Pistoia, sia per il loro impegno ed il lavoro che svolgono per la comunità.
Un ringraziamento speciale alla mia lettrice di fiducia Marika e a Kety, entrambe presenti alla premiazione.

Mike


lunedì 28 maggio 2012

I soliti buoni propositi...

28.5.12
Dopo più di un mese di latitanza (ma d'altronde la mia passione per il blogging è sempre stata altalenante: passo dal pubblicare 5 post al giorno al non scrivere niente per mesi) rieccomi alla carica.
Pochi giorni fa ho terminato la stesura de "Il Decalogo", il mio ultimo racconto, che parteciperà al concorso CreativArt3 promosso dall'organizzazione giovanile pistoiese "I Piloti del Caos" (per maggiori info sui Piloti e le loro attività vi consiglio di visitare il sito www.ipilotidelcaos.comune.pistoia.it).
Incrociando le dita per l'esito della competizione, ho comunque deciso, almeno per il momento, di non partecipare ad ulteriori gare letterarie e di concentrarmi sulla creazione di una vera e propria raccolta di racconti da poter proporre a qualche editore.
Cercherò inoltre di prestare maggiore attenzione al blog: pensavo che, oltre ad ospitare i miei soliti flussi di coscienza, le pseudo poesie e qualche sparuta recensione cinematografica, potrebbe essere un ottimo contenitore per la pubblicazione di racconti a puntate sviluppati ad hoc per il sito.
Se l'idea vi piace vi prego di farmelo sapere commentando l'articolo o contattandomi su twitter (aliasmike_87) e vedrò di dare un seguito a questo proposito.
Fino ad allora namasté!

venerdì 16 marzo 2012

Nuovi organi meccanici

16.3.12
quella qua sopra è un'opera dell'artista Omero Crivello. Se volete vedere altri lavori dell'autore del quadro, cliccate QUI.

E fa male
oh, quanto fa male
saperti stretta tra le braccia sue.

E mi uccide
(lo specchio sorride)
vedere la distanza crescer tra noi due.

E mi manchi,
i miei occhi son stanchi,
stanchi di cercare senza mai trovare.

E la sento
l'apatia da dentro
si ciba del mio cuore senza ringraziare.

Nuovi organi meccanici
sostituiranno i vecchi,
sarò una macchina efficientissima.
Vasi linfatici
e carne putrescente
evacuerò con gioia massima.

E sarò sangue sulle tue mani,
Incubi tra le lenzuola.
Sarò la soglia tra i tuoi pensieri
e la follia che avanza ancora.

Sarò il ricordo che ti ossessiona,
corpo che danza per il collo appeso,
il riflesso della tua miseria,
la mia vendetta dietro ad un sorriso.

giovedì 15 marzo 2012

Di allegria e di forma, di nostagia e di sostanza - la mia recensione di "The Artist"

15.3.12
ATTENZIONE: contiene spoiler sulla trama del film

In un mondo votato all'innovazione tecnologica, alle emozioni urlate e ad effetti speciali sempre più costosi e spettacolari, usati il più delle volte per coprire le lacune di storie sempre meno originali e sempre più simili tra loro, c'è ancora spazio per un film muto?
La risposta ce la da un regista francese fino a pochi mesi fa sconosciuto al grande pubblico, Michel Hazanavicius, che con "The Artist" è riuscito nell'impresa di conciliare i gusti del pubblico moderno con scelte stilistiche e recitative appartenenti ad un tempo ormai quasi dimenticato.
Ma al di là del "sense of wonder" iniziale, cosa si nasconde dietro al fenomeno "The Artist"?
Il lavoro di Hazanavicius si inserisce in un contesto nostalgico più ampio, che vede altri grandi esempi solo quest'anno in pellicole come "Hugo" di Martin Scorsese e "Midnight In Paris" di Woody Allen: se dal primo "The Artist" eredita l'ambientazione anni trenta ed i rimandi alla storia della cinematografia, è forse col secondo che ha più affinità di temi, proponendo un modo completamente diverso di affrontare un argomento similare.
Il film, nella sua imitazione spensierata ed umoristica di un tempo ormai perduto, non vuole infatti offrire solo uno sguardo malinconico dell'epoca nella quale la pellicola è ambientata, ma più in generale affrontare il tema della glorificazione del passato, nel quale tutto sembrava più bello e meritevole di una risata, rispetto ad un presente a tinte fosche ed incerte.

Non è un caso che, più avanti nella storia, il protagonista si ritrovi ad affrontare una grande crisi economica, quella del 1929, in seguito alla quale si ritrova solo e senza averi a rimpiangere i fasti che furono.

Non è però tutto oro quello che luccica: se il film è assurto agli onori della cronaca, monopolizzando l'attenzione di critica e pubblico, oltre che i palmaires di quasi tutti i premi cinematografici, lo deve infatti più alla forma che alla sostanza. Al di là di qualche scena visivamente efficace e di un sapiente sfruttamento di quella che per definizione era la sua più evidente mancanza, ovvero l'assenza del sonoro, l'impressione dopo i titoli di coda è quella di aver sicuramente assistito ad un buon film, segnato però da una parte centrale inconcludente e ben lungi dal poter essere considerato un capolavoro.

VOTO: 7+

sabato 25 febbraio 2012

Silenzi assordanti ed urla soffocate - la mia recensione di "The Descendants - Paradiso Amaro"

25.2.12

ATTENZIONE: contiene spoiler sulla trama del film

Non c'è niente che ci devasti più del pensiero della morte, della perdita: quando una vita si spegne cerchiamo rifugio nei ricordi, sentendoci in dovere di esaltare le qualità del caro estinto, ricordandoci tutto il bene e dimenticandoci del resto.
Come comportarsi però, quando al capezzale del proprio coniuge si scopre che questi aveva un amante e progettava il divorzio?
E' quello che accade a Matt King, avvocato hawaiano da troppi anni più dedito al lavoro che alla famiglia e che d'improvviso si ritrova da solo a crescere due figlie che quasi non conosce.
Come se non bastasse i parenti, eredi da secoli di una vasta e potenzialmente lucrosa proprietà (da qui il titolo originale del film "The Descendants"), gli alitano sul collo affinché lui, fiduciario della dote, prenda la loro parte in vista della riunione familiare, nella quale si deciderà se e a chi vendere il terreno.
Oppresso da questa insostenibile situazione, decide di andare in cerca del misterioso amante della moglie, desideroso di risposte che la donna non può più dargli: il viaggio sarà un'occasione per legare con le figlie e per prendere la decisione definitiva sul destino della proprietà familiare.

La nuova pellicola di Alexander Payne è un film complesso nella sua semplicità, dove le emozioni, soffocate dietro a una maschera di tranquillità, colpiscono più  forte che mai.
Il personaggio di Clooney, fedele ai toni della pellicola, è intrappolato in una situazione che non crede di poter gestire e che lo soffoca: deve far buon viso a cattivo gioco, incassando le accuse del suocero che lo incolpa della morte della figlia, gestendo l'impazienza dei parenti e l'elaborazione del lutto delle figlie.

C'è un parallelismo tra il destino della proprietà familiare e il rapporto tra Max e le figlie: all'inizio del film Matt concorda coi familiari nel vendere il terreno, preferendo i soldi (come aveva sempre fatto) ai ricordi dell'infanzia, quando era solito andare a campeggiare nella proprietà. Sarebbero nati hotel, spiagge e luoghi da sogno la dove un tempo c'erano alberi e sterpaglie e Matt avrebbe contribuito alla visione da paradiso terreno delle Hawaii che ci viene offerta nelle immagini da cartolina. Ma come lo stesso protagonista dice nel monologo iniziale del film, quella è solo una facciata: le persone soffrono, tradiscono e muoiono lì come in ogni altro angolo del pianeta.
L'immagine che torna alla mente è quella della figlia maggiore Alex che, appresa la notizia delle reali condizioni della madre mentre fa un bagno in piscina, si nasconde istintivamente dallo sguardo di Matt, soffocando il proprio dolore sott'acqua.
Alla fine del film Matt, andando contro il volere della maggior parte dei suoi legati, non firma l'atto di vendita, mantenendo il controllo della proprietà: non è solo una vendetta nei confronti dell'amante della moglie, agente immobiliare che gestendo la vendita del terreno avrebbe ottenuto molte commissioni, ma una rivendicazione del valore della famiglia e dei ricordi, nella speranza di crearvene di nuovi un giorno, portandoci in campeggio la piccola figlia Scottie. Nel frattempo il viaggio intrapreso e le esperienze condivise li ha trasformati in una vera famiglia e Matt, liberatosi dai mille vincoli che lo opprimevano, trova il coraggio di perdonare la moglie per quello che ha fatto, dandole un ultimo commosso addio.
"Paradiso Amaro" è un film che racconta un dolore vero, sentito, profondo, provato non da personaggi che urlano allo schermo, ma da persone vere, semplici, tangibili nella loro ordinarietà; un film che non finisce coi titoli di coda, ma che vi accompagnerà fino a fuori dalla sala cinematografica; un film al quale la definizione di commedia va decisamente stretta.

Voto: 8/10

martedì 21 febbraio 2012

Carne liquida

21.2.12
immagine tratta dalla mostra "Body Worlds" di Gunther von Hagens

Di null'altro che amore e odio sono composte le nostre anime, punti cardinali opposti che guidano le nostre scelte etiche, le nostre passioni più primordiali, il nostro fato.
Di sola carne, viscere e sangue sono fatti i nostri corpi, lussureggianti templi della perdizione, prigione terrena dei nostri istinti più elevati e strumenti di piacere carnale al tempo stesso.
E non c'è elevazione maggiore della fusione: svilupperò nuove articolazioni, tentacoli sinuosi che si insinueranno in te avvolgendoti in una stretta indissolubile.
E lascerò che la tua carne penetri la mia e che i nostri corpi non abbiano più un confine.
Come carne liquida le nostre pelli si fonderanno l'una all'altra ed allora saremo una cosa sola, non più umana, ma divina, amorale, immortale...

...perfetta!

mercoledì 8 febbraio 2012

Due chiacchiere sugli Oscar 2012

8.2.12

Si avvicina la fine di febbraio e con essa la fatidica notte degli Oscar.
Come ogni anno la lista dei candidati si presta a non poche critiche e a differenza dell'anno scorso, ben pochi degli attori, delle attrici o dei film che ho preferito ha ottenuto la candidata (e quei pochi che ce l'hanno fatta non arriveranno certamente alla vittoria).
Di seguito trovate i pretendenti al titolo per le sei categorie principali (Miglior Film, Regia, ed i quattro titoli per attori protagonisti e non).
Per ogni categoria ho indicato tutti i nominati e attraverso un breve commento ho cercato di delineare la situazione indicando il mio preferito, quello che volente o nolente credo che vincerà e il non candidato che a mio avviso avrebbe meritato la nomination o addirittura la vittoria.
Le mie valutazioni si basano, ovviamente, sui film che sono usciti in Italia (con calma e per favore) e che sono riuscito a vedere.

MIGLIOR REGIA
The Artist - Michel Hazanavicius
The Descendants - Alexander Payne
Hugo - Martin Scorsese
Midnight in Paris - Woody Allen
The Tree of Life - Terrence Malick

In un mondo perfetto vincerebbe Malick: per quanto non abbia amato The Tree Of Life, si tratta comunque di un film unico nel suo genere, che spiazza e che fa discutere come un'opera d'arte dovrebbe saper fare e troppo poco spesso ormai riesce nel cinema contemporaneo.
Ma in un mondo perfetto anche Kubrick e Lynch sarebbero pieni di Oscar, quindi è il caso di parlare del nostro triste mondo materiale, nel quale Malick è assolutamente l'outsider e credo abbia possibilità di vittoria pressoché nulle. Degli altri non ho visto i primi due film della lista (lo so, The Artist è una mia colpa, ma qui a Pistoia l'hanno dato la settimana scorsa e tra gelo e neve non avevo molta voglia di uscire). Ho visto Hugo in 3D due giorni fa e credo che Scorsese abbia buone possibilità di vittoria: il suo è un buon film che mischia l'avventura per famiglie (un esordio per il regista in questo senso) ad un sentito omaggio alle origini del cinema. Non l'ho amato fino in fondo per varie ragioni oggettive e soggettive, ma rimane un buon prodotto, affine ai gusti dell'Academy.
Il mio preferito nella cinquina (ripeto: tra quelli che sono riuscito a vedere) rimane Midnight In Paris: Allen è riuscito a creare una piccola, magica, favola: non il suo miglior film, intendiamoci, ma comunque una pellicola (ha ancora senso definirle così?) interessante che svolge egreggiamente il suo lavoro di commedia, inserendo nel contesto anche riflessioni più profonde sul tempo e sulla percezione che abbiamo di esso. Da notare come anche questo film si evolva anche come un omaggio verso gli artisti del passato, anche se non con un diretto riferimento al cinema, come accade con The Artist e Hugo.
Il nome che manca nella lista (ma anche qui parliamo di mondi perfetti) è quello di Nicholas Winding Refn: il suo Drive rimane una delle esperienze visive, viscerali ed emozionali più particolari dell'anno appena passato. Menzione anche per David Fincher, per il quale era più logico attendersi una nomination (al posto di Allen o Malick), ma che paga gli anacronistici meccanismi dell'Academy dopo le 8 candidature dello scorso anno per The Social Network.

MIGLIOR FILM
The Artist
The Descendants
Molto Forte, incredibilmente vicino
The Help
Hugo
Midnight in Paris
Moneyball
The Tree of Life
War Horse

The Artist e The Descendants partono favoriti e il mio tifo per il film dei cugini francesi (per quanto alla cieca, come dicevo anche sopra). Tra i film che ho visto e che hanno ottenuto la candidatura (The Help, Hugo, Midnight In Paris e The Tree Of Life) ritengo che nessuno meriti fino in fondo il titolo di miglior pellicola dell'anno. Del resto pensavo lo stesso lo scorso anno per "Il Discorso del Re" che però era un film "da Oscar" per definizione, scritto, diretto e recitato per ottenere il plauso dell'Academy con buona pace di "Il Cigno Nero", "Inception" e "The Social Network".
Tra i film che mancano oltre al già citato Drive, da segnalare Shame (due titoli che si ripeteranno spesso in questo post) e The Girl with the Dragon Tattoo. Me la sento però di fare un'ultima, provocatoria citazione per un film (probabilmente più adatto al titolo di miglior film straniero) che mai avrebbe destato attenzione nell'Academy ma che rientra a mio avviso tra i migliori dell'anno passato cioè La Pelle che Abito di Pedro Almodovar. Un film illuminante, che dietro ad un thriller che richiama alla mente i migliori anni di Nip/Tuck, nasconde in realtà molteplici livelli di lettura ed un minuzioso lavoro sui personaggi.

ATTORE PROTAGONISTA
Demián bichir - A Better Life
George Clooney - The Descendants
Jean Dujardin - The Artist
Gary Oldman - Tinker, Taylor, Soldier, Spy
Brad Pitt - Moneyball

Per quanto possa stimare George Clooney da un punto di vista professionale, purtroppo non mi ispira una gran simpatia (sarà per questa influenza occulta che esercita sull'Academy, sarà perché ha fatto uscire dalla tasca di Batman la Bat-carta di credito, chissà). Spero quindi che non sia lui a vincere il premio (non vi aspettavate delle motivazioni professionali, vero?).
Spero con tutto il cuore che vinca Gary Oldman alla sua (eresia) prima candidatura all'Oscar, ma ritengo che in una competizione come questa già la candidatura sia un ottimo risultato per il suo ruolo in Tinker, Tailor, Soldier, Spy.
Vincerà quindi Jean Dujardin o, se la parte bigotta dell'Academy si farà condizionare dallo scandalo seguito alla  locandine di "Les Infideles" il sempre bravo Brad Pitt.
Tra gli esclusi clamorosi me la sento di citare Michael Fassbender per Shame e Ryan Gosling fuori dalla corsa al titolo nonostante due interpretazioni di altissimo livello in Drive e Le Idi di Marzo.

ATTORE NON PROTAGONISTA
Kenneth Branagh - My Week with Marilyn
Jonah Hill - Moneyball
Nick Nolte - Warrior
Christopher Plummer - Beginners
Max von Sydow - Extremely Loud & Incredibly Close

Purtroppo posso dire ben poco per questa categoria, avendo visto solo Warrior. L'interpretazione di Nick Nolte meritava sicuramente la nomination. Tra i favoriti c'è Christopher Plummer che per il suo ruolo in Beginners (da noi passato direttamente in home video) si è già è portato a casa il Golden Globe. Una lotta ad armi pari tra quattro vecchie volpi del cinema più un outsider (Jonah Hill).  

ATTRICE PROTAGONISTA
Glenn Close - Albert Nobbs
Viola Davis - The Help
Rooney Mara - The Girl with the Dragon Tattoo
Meryl Streep - The Iron Lady
Michelle Williams - My Week with Marilyn

Prevedibilmente, tristemente ed inevitabilmente vincerà Meryl Streep per The Iron Lady. Io le darei il Razzie per la sua commossa pantomima alla premiazione dei Golden Globes e chiuderei lì la faccenda. La mia favorita nel quintetto è senza ombra di dubbio Rooney Mara, che ci ha donato una Lisbeth Salander con gli attributi, una self-repaired broken doll che trascnede persino il personaggio originale creato da Stieg Larsson. Una sua vittoria è altamente improbabile: per quanto l'Academy sia sempre pronta a premiare gli attori che modificano le proprie sembianze per entrare nella parte, a giocare a sfavore della giovane attrice sono le atmosfere del film, forse troppo eccessivo per l'alta percentuale puritana e bigotta dell'Academy. Non mi dispiacerebbe se a vincere fossero Viola Davis, ottima protagonista di The Help (visto in lingua originale grazie a "Coming Soon" e "UCI Cinemas") o Michelle Williams (sulla fiducia, vista la progressione della sua carriera negli ultimi anni che l'ha portata a questa seconda nomination consecutiva).
Siamo davanti ad uno scontro tra la vecchia e la nuova Hollywood: Meryl Streep contro Michelle Williams, Rooney Mara contro Gleen Close e Viola Davis a tenere la bandierina.

ATTRICE NON PROTAGONISTA
Bérénice Bejo - The Artist
Jessica Chastain - The Help
Melissa McCarthy - Bridesmaids
Janet McTeer - Albert Nobbs
Octavia Spencer - The Help

Drive e Shame sono a mio avviso due dei più bei film dell'anno (ma credo che questo lo aveste già capito dai commenti precedenti) e, curiosamente, hanno almeno un punto di contatto: Carey Mulligan. L'attrice, candidata anche due anni fa per "An Education", meritava a mio avviso non solo la nomination, ma la vittoria in questa categoria (più per Shame che per Drive) ed è un'eresia che sia stata lasciata fuori dalla contesa per dar spazio (con tutto il rispetto di questo mondo) a Melissa McCarthy per Bridesmaids. Detto questo, tra le candidate "ufficiali" spero in una vittoria di Octavia Spencer, ma anche durante la diretta io continuerò a fare il tifo per Carey.

martedì 7 febbraio 2012

i giorni dei rimpianti

7.2.12
Freddo
Gelido e vuoto
Un regalo senza fronzoli
Un pacco incartato con carta straccia.
Forme note senza sostanza
Un dono da gettar via
Inutile.

Passano
bianche e inutilizzate
scorrendo sempre più veloci
le più importanti pagine della nostra vita.
I giorni da ricordare sono ormai finiti
Inesorabili arrivano i giorni
dei rimpianti.


mercoledì 1 febbraio 2012

Ode al Salvatore (Vaffancuore: atto III)

1.2.12

Ode al Salvatore
re dei numeri e dei calcoli
un'icona, un benefattore
un esempio per i pargoli.

Ode al Salvatore
che decide il nostro fato
non lo ferma il malumore
o i lamenti dell'ingrato.

Ode al Salvatore
che amministra e che gestisce
i dipendenti al numeratore
la dignita che si esaurisce.

Ode al Salvatore
che qualcosa mi ha insegnato:
non ha diritti il lavoratore
conta solo il fatturato.

sabato 14 gennaio 2012

L'uomo dietro lo specchio

14.1.12

Siamo formiche intrappolate in un barattolo. Ci mangiamo l'un l'altro per sopravvivere.
Prigionieri. Oh, ma quanto amiamo le sbarre della nostra gabbia.
Il giocattolo si è rotto. Non basterà un po' di nastro adesivo per ripararlo.
L'uomo dietro allo specchio mi guarda e mi deride.
Imita le mie azioni come un sadico cabarettista.
Oh quanto amo le sbarre della mia gabbia.
La musica continua in sottofondo. Dov'è che l'ho già sentita?
E' l'eterna nenia, il malcelato sberleffo, l'inutile Domanda.
La trottola che gira.
Le mangerei le sbarre della mia gabbia.
La danza continua, un po' più veloce.
Ogni giro impercettibilmente più rapido.
Sei pronto a ballare?
L'uomo dietro lo specchio balla la sua danza di morte.
Incompleto.
Le mangerei queste cazzo di sbarre.

Una storia già scritta

14.1.12


Facile parlare
Ora che la nebbia è scesa sulla nostra alba
 Facile comandare
Quando non sei tu a doverti immergere nel fango
Inutile rimpiangere
Il latte era versato già prima che lo facessi cadere
Inutile gridare
Nessuno ha orecchie per sentire la tua voce

Beatrice è il cognome è distribuito sotto Licenza Creative Commons 2.5

Rilasciato sotto licenza
Creative Commons CC BY-NC-ND 2.5 IT

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