Il purgatorio (Lo Specchio - parte IV)
Michael B.
20.5.16
Il purgatorio
Eccone un altro che iniziava a parlare. L'ennesimo specchio così diverso e così uguale agli altri, identico nella sua speranza e nella sua presunzione che il semplice fatto di avere una storia alle spalle facesse di lui qualcosa più del mero oggetto che in realtà era.
Ormai da mesi si trovava in quello stanzino, confinato in un lager di specchi abbandonati che annegavano la propria disperazione e senso di solitudine nell'effimera convinzione che insieme tutti loro fossero qualcosa più che un gruppo di superfici riflettenti inanimate.
L'illusione nasceva dalla consapevolezza mancata (o più probabilmente inconsciamente nascosta a sé stessi) che senza qualcuno che li utilizzasse loro erano meno che niente, in pericoloso bilico tra l'esistenza e l'inesistenza. Fintanto che rimanevano confinati in quel luogo infernale erano condannati all’inutilità.
Eppure la maggior parte di loro si disperava quando qualcuno entrava e li sceglieva. Ah, come avrebbe voluto essere al loro posto! Era come se là dentro si fosse creata una fratellanza, nella convinzione che un mondo di soli specchi potesse essere possibile. Passavano la giornata a raccontarsi storie del passato, di ciò che erano, di quello che facevano. Come facevano a non rendersi conto che non erano loro a scegliere? Che non potevano fare a meno di riflettere e che non erano loro a decidere cosa specchiare e quando farlo?
Ovviamente lui non aveva mai partecipato a quel ridicolo e ipocrita rituale. Era sempre rimasto in silenzio e quando qualcuno lo aveva chiamato in causa aveva rispettosamente rifiutato l'offerta. A volte, sentendoli parlare, provava l'incontenibile voglia di gridare a tutti quanti ciò che realmente pensava, ma alla fine desisteva e resisteva nella speranza che presto qualcuno, varcando la porta che divideva quel luogo dal mondo reale, lo scegliesse e lo portasse via da lì.
Non era mai stato un entusiasta e aveva sempre svolto il suo compito passivamente: d’altronde l’unica cosa che il mondo si aspettava da lui era al contempo l’unica che sapeva fare e che non poteva fare a meno di fare. Non c’era un modo giusto o sbagliato di riflettere o uno più o meno accurato: quando qualcuno si poneva davanti a lui, sulla sua superficie si creava automaticamente un’immagine speculare. E lui non poteva fare proprio nulla per evitarlo.
A dirla tutta il suo problema non era quello di essere o meno utile a degli esseri umani: quello purgatorio semibuio e sospeso in una quasi ininterrotta immobilità gli sarebbe andato più che bene come posto se non fosse stato circondato da tutti quegli inutili chiacchieroni.
“Non immaginate che fatica stare dietro a quei bambini! Non stavano fermi un attimo e naturalmente io dovevo ritrarre tutto!” iniziava uno e subito un altro a ruota “Come ti capisco! Non sai che sollievo quando arrivava la notte e finalmente potevo riposare un po’...”
A quel punto arrivava inevitabilmente il tipo che, con l’aria di chi la sapeva lunga sbottava “Magari avessi avuto i vostri problemi! Vent’anni in quella stanza e se mi passava davanti qualcuno almeno una volta al mese era già un miracolo! A volte avevo paura di dimenticare come si facesse a ritrarre il movimento!” Quante idiozie!
A dirla tutta il suo problema non era quello di essere o meno utile a degli esseri umani: quello purgatorio semibuio e sospeso in una quasi ininterrotta immobilità gli sarebbe andato più che bene come posto se non fosse stato circondato da tutti quegli inutili chiacchieroni.
“Non immaginate che fatica stare dietro a quei bambini! Non stavano fermi un attimo e naturalmente io dovevo ritrarre tutto!” iniziava uno e subito un altro a ruota “Come ti capisco! Non sai che sollievo quando arrivava la notte e finalmente potevo riposare un po’...”
A quel punto arrivava inevitabilmente il tipo che, con l’aria di chi la sapeva lunga sbottava “Magari avessi avuto i vostri problemi! Vent’anni in quella stanza e se mi passava davanti qualcuno almeno una volta al mese era già un miracolo! A volte avevo paura di dimenticare come si facesse a ritrarre il movimento!” Quante idiozie!
Per fortuna di tanto in tanto il traghettatore (qualcuno lo chiamava “Il Rigattiere”) entrava nella stanza e si portava via uno o due di quegli oggetti petulanti, salvo poi sostituirli con altrettanti nuovi arrivati.
Eccolo! Come richiamato dai pensieri dello specchio l’uomo entrò nella stanza seguito a ruota da una coppietta che si stringeva la mano.
Il Rigattiere premette l’interruttore accanto alla porta e una luce fioca e appena percettibile sbocciò dal soffitto, come se la lampadina, appesa in alto come un impiccato giustiziato da tempo e dimenticato sulla forca, si fosse appena svegliata da un lungo letargo e faticasse a prendere vigore.
Il Rigattiere premette l’interruttore accanto alla porta e una luce fioca e appena percettibile sbocciò dal soffitto, come se la lampadina, appesa in alto come un impiccato giustiziato da tempo e dimenticato sulla forca, si fosse appena svegliata da un lungo letargo e faticasse a prendere vigore.
Dalla sua posizione riusciva a vedere bene i due ragazzi: ne studiò l’espressione interessata mentre si guardavano intorno e gli parve di cogliere una punta di disgusto sul volti di lei. Scegliete me. Scegliete me. Scegliete me. Si sorprese a pensare intensamente mentre i due si consultavano sotto voce. Poi ad un certo punto il dito di lei puntò nella sua direzione.
Era fatta! Finalmente se ne sarebbe andato da quell’inferno! Niente più discorsi! Basta coi lamenti! Addio ai vani racconti! Si lasciò andare ad un grido di gioia mentre il ragazzo si avvicinava a lui. Aveva appena appoggiato le mani sulla sua cornice quando la voce della compagnia da dietro lo richiamò: “No, che fai? Ma lo vedi quanto è brutto? Intendevo quello accanto!”
Non colse subito quello che stava succedendo. Sentì la presa del ragazzo allentarsi di colpo e lo vide spostarsi di lato accanto a lui. Se qualcuno avesse lo avesse guardato mentre ritraeva la coppia che si allontanava avrebbe notato che l’immagine non era nitida, ma sfocata come quella di un occhio che tra le lacrime cerca di mettere a fuoco il mondo che lo circonda.
Era fatta! Finalmente se ne sarebbe andato da quell’inferno! Niente più discorsi! Basta coi lamenti! Addio ai vani racconti! Si lasciò andare ad un grido di gioia mentre il ragazzo si avvicinava a lui. Aveva appena appoggiato le mani sulla sua cornice quando la voce della compagnia da dietro lo richiamò: “No, che fai? Ma lo vedi quanto è brutto? Intendevo quello accanto!”
Non colse subito quello che stava succedendo. Sentì la presa del ragazzo allentarsi di colpo e lo vide spostarsi di lato accanto a lui. Se qualcuno avesse lo avesse guardato mentre ritraeva la coppia che si allontanava avrebbe notato che l’immagine non era nitida, ma sfocata come quella di un occhio che tra le lacrime cerca di mettere a fuoco il mondo che lo circonda.
Sentì la rabbia e la frustrazione impadronirsi di lui mentre la porta si chiudeva e nella penombra il chiacchiericcio degli inutili oggetti ricominciava.
Eccone un altro che iniziava a parlare...