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lunedì 26 luglio 2010

Lettera al signor Nessuno

26.7.10

quella qua sopra è un'opera dell'artista Omero Crivello. Se volete vedere altri lavori dell'autore del quadro, cliccate QUI.

Caro signor Nessuno,
ti scrivo una lettera perché so che non la leggerai. Non sarà un'opera d'arte, non verrà ricordata nel tempo: è solo uno sfogo di una notte di fine luglio e non vuole essere niente di più.
Caro signor Nessuno,
Tu non hai un nome, perché darti un nome significherebbe darti una umanità che non mi hai mai dimostrato.
Sei uno strano essere dalle molteplici facce, un topo impaurito, un viscido verme, un inaffidabile scorpione.
Se ti scrivo, caro signor Nessuno, ho un motivo ben preciso: ho un racconto da narrarti; il racconto di ciò che rimarrà di te, quando l'impassibile e fredda Morte verrà a trovarti.
Il mondo non si ricorderà di te, signor Nessuno, ma potrebbe essere altrimenti?

Cosa hai fatto di buono nella vita? Non hai mai capito ciò che conta realmente: non sono i soldi, caro signor Nessuno, non è la Fortuna, non le macchine, non la notorietà.
Quello che conta è lasciare un segno, una memoria, qualcosa per la quale valga la pena essere ricordati.
Ma tutto ciò che il mondo ricorderà di te è racchiusa in me, perché io sono l'eredità, il testamento, il giudice di una vita intera. La tua.
Ed è questo il momento del giudizio. E' questo il momento in cui ti racconto ciò che mi hai lasciato.
Rimpianti. Non c'è niente di peggio del rimpianto, del rimorso, della consapevolezza che le cose sarebbero potute andare diversamente, se solo lo avessimo voluto. Ma non hai veramente mai voluto niente dalla vita, signor Rimorso? Piangersi addosso non porta mai a niente, ma è questo ciò che hai sempre fatto. Sperare che le cose accadano senza fare niente perché si realizzano non ti ha portato molto lontano. Ma potevi realmente aspettarti dell'altro dalla vita?
E quello che ti rimane, quello che mi rimane, è un grande, incontrollabile odio represso. Non vorrei odiare, non vorrei odiarti, ma l'odio è l'unica cosa che mi hai lasciato.
L'odio e il rimpianto sono le tue uniche eredità, una ricetta perfetta, un sublime cocktail di infinita disperazione per te e le persone che ti circondano.
Non è questo ciò che voglio e non è questo ciò che farò della mia vita.
Ed è per questo che ti dico addio, signor Nessuno: mi allontano da te perché allontanarmi è l'unico modo di diventare realmente qualcuno.
Ma potrei realmente liberarmi dall'odio e dalla disumanità con le quali mi hai infettato, se continuassi a tenere dentro un tale peso, a rinfacciarti della miseria che mi circonda?
Non sarei forse un ipocrita? Non mi abbasserei al tuo livello?
Solo adesso prendo coscienza di quale sia la chiave di volta, la prima delle mille porte da aprire per allontanarmi per sempre da te: la porta del perdono.
Mi sarai indifferente, caro signor Nessuno, ma sarai dispensato dai tuoi peccati. Non perché tu te lo sia meritato, ma perché me lo merito io. Mi merito di essere una persona migliore di te.
E la via, chiara come mai prima d'ora, è quella di non abbandonare un signor Nessuno: prima di lasciare per sempre le tue aride terre, dovrò avere la forza di mutarti in un signor Qualcuno.

martedì 20 luglio 2010

Vaffancuore!

20.7.10

Ci sono persone al mondo che, paradossalmente, solo a livello inconscio hanno raggiuno la consapevolezza della propria inutilità sociale, e che si sentono sviliti al punto da cercare di abbattere chiunque abbiano attorno per affermare la propria importanza.
Ci sono individui così ciecamente convinti di se da rifiutare ogni responsabilità ed ogni errore commesso. Non possono aver sbagliato: non loro! Non è un'opzione contemplabile.
Ci sono esseri fieri della propria merda, e che sguazzando nel letame rendono la tua vita miserabile per diletto e per sentirsi superiore a te.
Queste persone sono un concentrato di odio e di rancore, un ignaro veicolo del male.
Non c'è speranza per chi non accetta il dialogo, per chi non crede nel pentimento e nel valore intrinseco dell'accettare critiche e colpe.
Le motivazioni che muovono le loro menti limitate non sono però oscure: una parte del demonio che li anima è presente in ognuno di noi, un tassello del magnifico mosaico della nostra psiche.
Ma quando una parte, una fazione, assume più importanza delle altre, quando l'egoismo, la perfidia, la vanità prendono il sopravvento, allora perdi ogni diritti ad essere considerato un umano.
Un uomo è colui che pur accettando le proprie origini animali, è in grado di elevarsi sopra di esse, di riconoscere i propri limiti facendo però di tutto per superarli. Fingere di non averne, di essere infallibili, significa ignorare il problema, snobbare un cancro fino a che l'amputazione rimane l'unica opzione attuabile.

Ma io che le mie responsabilità me le prendo tutte, io che non ho bisogno di guardarmi allo specchio per essere convinto di quello che penso e di ciò che valgo, io che la mattina per colazione mangio la ciambella con la nutella e non mi sazio con pane e fiele, io dico a tutti costoro, a tutti questi ignari schiavi di satana...
vaffancuore!

lunedì 19 luglio 2010

Qualcosa si è salvato

19.7.10

Ho visto la felicità. L'ho vissuta per un attimo. Ma era solo un sogno e al mattino era tutto svanito.

I modi di dire sono stronzate, perché chi semina merda raccoglie oro e chi ce la mette tutta per dare il meglio di se, finisce sempre a prenderlo in quel posto.
Giorni e notti di inutili litigi, di vite battute all'asta per una lista di ottime dipendenze.
Cos'è la salute davanti ad una slot machine? Cos'è la felicità, paragonata ad una sigaretta?
Qualcuno di voi, la fuori, si batte per i propri sogni, vive perseguendo un obiettivo.
Ma quale obiettivo può avere una persona, quando persino chi lo ha generato lo rinnega?
E all'improvviso mi accorgo che non sono altro che un concentrato di rabbia.
Rabbia repressa, accumulata negli anni, da quando non ero altro che uno schizzo, un essere monocellulare.

Intendiamoci: so bene che ci sono vite ben più miserabili della mia, che lagnarmi su un blog non cambierà le cose ma, per quanto tutto ciò possa essere patetico, al momento è l'unica cosa che io possa fare.
E nonostante tutto adoro la vita. Mi ci attacco come un orso ad un barattolo di miele.
Perché continuo stupidamente ad essere ottimista e a dirmi che d'ora in avanti le cose non potranno che andar meglio. Perché so che solo un male così grande potrà aiutarmi ad apprezzare quello che il futuro ha in serbo per me.
Ma anche non ci fosse niente di meglio, avrò la certezza che la fuori qualcuno se la sta godendo questa vita.
E se anche per un istante, per una frazione di secondo, avessi contribuito a migliorare quella vita, con una parola di comprensione, una battuta, un silenzioso scambio di sguardi, allora saprei che non tutto è andato perduto.
Qualcosa si è salvato.

domenica 18 luglio 2010

L'armadio dei ricordi

18.7.10

Mettere in ordine può essere una delle esperienze più catartiche nella vita.
Vi è mai capitato di aprire un armadio pieni di oggetti e cianfrusaglie?
Allo sguardo di un estraneo quelle possono sembrare cose inutili, ma ognuna di loro è per voi di estrema importanza, perché vi ricorda qualcosa: cose che sapete ed altre che avete dimenticato lungo il percorso; un passo della vostra vita, una giornata divertente, uno scherzo tra amici, un errore.

Quell'armadio contiene la vostra vita e frugarci all'interno è come frugare per un attimo dentro se stessi.
Arriva così il giorno in cui non c'è più spazio e, per poter andare avanti, si è costretti a buttare via qualcosa.
Arriva così il momento della scelta: attentamente esaminiamo una ad una le cose contenute nell'armadio e decidiamo cosa vale la pena di tenere e cosa no, quello che è necessario ricordare, e quello che, per quanto abbia fatto parte della nostra vita, non è più fondamentale e non contribuisce a ciò che siamo oggi.
Ritagli di giornale, quaderni di racconti e poesie, libri di orientamento all'università. Gioie, rimpianti, speranze e ricordi di ciò che eravamo e ciò che siamo. Lentamente ogni oggetto conosce il proprio fato, quello ingiusto ed inevitabile della pattumiera o il ritorno nell'armadio, in attesa della prossima pulizia.
A sera, quando il lavoro sarà finito, potremo salutare una parte di noi stessi, gettando l'immondizia e, guardando i sopravvissuti alla selezione, avere uno sguardo di ciò che siamo stati, siamo e saremo...

venerdì 16 luglio 2010

Il gioco dei giganti

16.7.10


Invidio le persone che sanno quello che vogliono, che non hanno mai avuto un'incertezza e che conoscono fin dalla nascita il proprio obiettivo.
Sembrano procedere su una linea retta, una prefabbricata strada di plastica, alienati dal resto del mondo.
Mi sconvolge pensare che c'è chi non ha mai avuto un dubbio sulla propria esistenza: perchè sei al mondo? Sei stato voluto o sei solo un incidente di percorso? Perchè il genere umano esiste? Perchè esistono il mondo, l'universo, il bene ed il male?
Ci sono domande per le quali a mio avviso non esiste una risposta chiara e certa, ma che alcuni riescono a risolvere, vedendo un disegno, una finalità: affidandosi alla fede.
Ma allora perchè mi sembra tutto così casuale? Sono io ad essere limitato? O sono loro?
E' solo la paura dell'incertezza e la voglia di una qualsiasi risposta a spingerli o ci può essere dell'altro?
Può la natura, nella sua poetica perfezione, essere frutto del caso?
Può esserlo la calda sensazione di un abbraccio? L'armonicità del corpo di una donna? La matrioska delle nostre emozioni?
E dove trovano posto in tutto questo la morte, il dolore, la violenza e l'ingiustizia?
Il libero arbitrio è un dono o una maledizione? E in un caso o nell'altro, chi è stato a concederceli?
Il male avanza; un dipinto di inestimabile bellezza, rovinato da una macchia d'olio che lentamente si spande.
Siamo marionette nelle mani di un invisibile manovratore, pedine sullo scacco di un gioco sconosciuto.
Qualcuno ci sta guidando, giocando perversamente con la nostra futile esistenza.
Vuoi chiamarlo caso? Vuoi chiamarlo Dio? Un nome vale l'altro, non è questo che cambia la sostanza.
Tutto cambia, affinchè rimanga sempre uguale. E la floridità dei nostri campi si tramuterà in deserto. E la nostra vita finirà con l'esplosione di una stella.
Chissà chi la guarderà, desiderando una miglior vita per il futuro...chissà da dove...
Quante civiltà abbiamo visto terminare, cancellate da un poetico bagliore nel cielo?
Ora mi sembra che la vita sia una canzone incisa su un vecchio vinile. Una volta che è finita riparte da capo, sempre la stessa, ma resa diversa dal tempo, dalla consunzione.
E mentre ogni cosa muta, non cambiano i tuoi occhi. La tua perfezione del tutto umana fa perdere di importanza tutto il resto.
Che i giganti giochino il loro gioco, noi faremo il nostro.

martedì 13 luglio 2010

Perso nel flusso

13.7.10

È un flusso infinito di emozioni, quello che scorre dentro di noi ad ogni ora di ogni giorno che ci è dato di vivere. I nostri corpi sono solo involucri, viscere in fermento, mosse da forze che non comprendono appieno. Ed è così che da un momento all'altro ti ritrovi dal pensare che la vita è uno schifo, ad apprezzarne ogni minuto. E con la stessa rapidità con la quale ti ha invaso, la positività ti abbandonerà di nuovo, a volte senza un motivo apparente.
La sensazione peggiore che si possa avere, svegliandosi al mattino, è quella di sentirsi intrappolati in una prigione senza barriere, senza vedere una vera via d'uscita.
E' come trovarsi al centro di una costruzione di mattoncini con un unico punto debole: tu sai dove colpire, sai quale pezzo eliminare per far crollare tutto attorno a te ed essere finalmente libero, ma semplicemente quel pezzo è troppo lontano: è fuori dalla tua portata.
Come fa la gente ad accettare il proprio destino, nonostante sia completamente diverso da quello che avrebbero voluto o sognato? Non tutti possono aver trovato ciò di cui avevano bisogno, per quanto diverso dai propri obiettivi... e allora di cos'è che si tratta? E' forse la fede?
L'idea che qualcuno abbia già deciso tutto per noi e che facciamo parte di un disegno più grande ed inaccessibile è così rassicurante?
E se quel qualcuno, quel creatore che ci ha generato a sua immagine e somiglianza, non fosse altro che un omino verde che si è divertito a fondere il suo DNA con quello di una scimmia?
E se il mondo non fosse altro che un enorme laboratorio e noi tutti delle piccole formichine industriose e piene di domande senza risposta?
Perchè ci ostiniamo a guardare il cielo, a capire l'universo e le sue leggi, a sfidare la natura e a giocare a fare Dio quando non siamo nemmeno capaci di comprendere noi stessi?
Perchè non accettiamo semplicemente la vita per quello che è, una sequenza di momenti belli e brutti, di emozioni, di persone, di esistenze che si intrecciano.
Perchè cerchiamo sempre di vederci qualcosa di più?
Non possiamo fare a meno di porci domande, ma le risposte non ci piacciono.
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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